Musica

Il ritorno dei vinili

È ormai da qualche anno che sugli scaffali delle librerie e dei negozi è riapparso l’emblema della musica analogica, diventato una vera e propria icona degli anni 80/90. Sto parlando del vinile, il cult della discografia prima di Spotify ed Apple music, che sembra sia tornato a troneggiare anche sulle più note piattaforme di streaming. Addentriamoci dunque in questo magico mondo per scoprire come funziona e tutto ciò che c’è dietro ad esso.

Ma prima occorre fare un passo indietro per capire come ha visto la luce questo fantastico oggetto. L’antenato del vinile è stato inventato nel 1877 da Thomas Edison, da allora è passato parecchio tempo, e oggi ne esistono moltissimi tipi: dai dischi di Skinner ai vinili colorati, ai dischi grandi, piccoli, trasparenti e opachi, da 33, 45, o 78 giri…

 Ma nell’effettivo, come funziona? Cosa produce il suono? Tutto parte dai solchi che il disco presenta in superficie: infatti se guardiamo da vicino, già a occhio nudo, riusciamo a scorgere delle scanalature all’interno delle quali scorre la puntina del giradischi. Questa non è che un bastoncino di metallo con all’estremità un piccolissimo cristallo, che di solito è un diamante sintetico. La vibrazione della puntina ottenuta dai solchi viene trasmessa alla cartuccia, un dispositivo che tramite magneti o cristalli piezoelettrici registra il segnale, che poi viene inviato all’amplificatore ed infine alle casse da cui poi possiamo finalmente goderci la nostra musica.

Ma la magia di questo oggetto la vediamo quando andiamo a una scala piccolissima. Al microscopio a scansione elettronica possiamo vedere delle valli incise che hanno una forma a “V”. I solchi non sono difettosi, ma irregolari di proposito, poiché servono per far vibrare la puntina. Ciò che fa nascere la traccia musicale è proprio l’irregolarità, difatti ogni brano ha una sua traccia unica, come fosse la sua impronta digitale. La scanalatura del vinile è la trascrizione di un’onda e la forma della traccia cambia a seconda dello stile musicale. Per esempio, la traccia di un disco classico sarà diversa da quella di un disco rock, e ancora diversa da quella di un disco elettronico.

Ma come si realizza un disco in vinile? Per creare un disco in vinile, il punto di partenza è la traccia audio, che viene registrata con dei microfoni e poi incisa con una puntina che vibra su un supporto in alluminio. Questo supporto diventa la matrice per tutti gli stampi. Una volta ottenuti gli stampi, si passa alla produzione vera e propria del vinile. I dischi si creano a partire da piccoli blocchetti di materiale plastico, PVC, che possono essere neri o colorati. Questi vengono riscaldati a circa 150 gradi per ottenere un ammasso di vinile semi-fuso, che viene poi schiacciata per formare il cosiddetto “biscotto”. Il biscotto viene posto sotto una pressa idraulica con lo stampo montato, così da imprimere i solchi sul vinile, che acquista il classico aspetto da disco. Si ultima il lavoro applicando le etichette, confezionando i dischi e distribuendoli sul mercato.

A fronte di questo, possiamo capire perché si dice che il vinile abbia un suono analogico: le vibrazioni della puntina ricreano esattamente l’onda sonora originale. Nel caso del CD, invece, si parla di suono digitale, dove l’onda sonora originaria non viene riprodotta completamente, ma viene campionata, facendoci perdere alcuni pezzetti, i quali però sono captati ad intervalli di tempo talmente ridotti (circa 44.100 campioni al secondo) che il nostro orecchio non riesce a percepire la differenza.

In conclusione oltre ad essere estremamente trendy, il vinile è anche un vero e proprio simposio di scienza ed  il motivo per cui le persone tendono a preferirlo è proprio per le sue imperfezioni e il suo suono caldo, in contrasto con il suono più freddo del CD o dello stream.

Fateci sapere come al solito cosa ne pensate e se avete apprezzato questo articolo con un commento!

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