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Sei motivi per cui non leggere romance (parte 2)

Rieccoci: la contesa circa il genere “migliore” dura da sempre. Gli appassionati del fantasy sostengono il fantasy, quelli dell’avventura parlano con entusiasmo di Indiana Jones, e così via. E chi ama i romance? Non apprezzerà il mio articolo. O forse, cambierà idea a proposito dei romanzi che si stanno affacciando alla vita negli ultimi tempi. Trame scontate, mancanza di originalità e violenza fatta passare per normale sono solo alcuni dei problemi che si riscontrano in ogni storia mal scritta. Vi presento quindi gli altri tre motivi per cui i romance sono tremendi… e soprattutto sopravvalutati.

  • Il ruolo delle donne. Okay, forse è vero: sto giocando sporco. Questi benedetti romance avranno dei pregi, no? A mia discolpa, posso dire di non vederne nemmeno uno. E il fatto che sia una ragazza può influire parecchio: da donna, sono sempre più disgustata. Ricollegandomi a quanto detto nel punto due, ormai la violenza è spacciata per normale e legittima. Si parla di risse, insulti (anche pesanti) e abusi senza il minimo pudore. E, a tal proposito, vorrei approfondire il ruolo che viene fornito alle donne in questi romanzi. Volete un riassunto? Sono trattate peggio di un oggetto. Innanzitutto, vengono raffigurate in maniera irrealistica e denigratoria: sono sciocche ai massimi livelli, tanto da non accorgersi che ogni singolo ragazzo sia innamorato di lei; non sono consapevoli della loro bellezza, nonostante vengano descritte come delle creature senza difetti; accettano passivamente le azioni dannose subite dal partner (o comunque dai personaggi), senza indignarsi. Io, da donna, mi sento di dire che l’immagine che viene fornita delle protagoniste – che, va fatto presente, sembrano davvero stupide – è sbagliata e aberrante. È possibile che, nel 2024, siamo ancora costretti a leggere storie simili? Esisterà mai una protagonista forte, determinata e capace di dire “no” davanti ad abusi e scorrettezze? O ci toccherà sempre leggere romance in cui lei si comporta da perfetta incosciente? Ma, a mio parere, la cosa più assurda di questa situazione è che tali romanzi sono scritti da donne nella stragrande maggioranza dei casi. Be’, complimenti. Se ci lamentiamo – peraltro giustamente – che le donne sono svantaggiate e considerate alla stregua di cose dissenzienti, queste storie mi paiono un buon modo per risolvere la questione. Sbaglio? Verrà un giorno in cui leggeremo un romance ben scritto – ove le ragazze sono valorizzate e non svilite -, ma non è questo il giorno. (E tanto di cappello a chi ha colto la “semicit”, come si suol dire).

  • Ridondanza. Mi è capitato raramente di prendere in mano romance di meno di quattrocento pagine. Il motivo è presto spiegato: secondo la logica di queste simpatiche storielle, la qualità del libro viene valutata in base alla sua lunghezza. Vogliamo ripetere centinaia di volte la sequenza ti odio-litighiamo-ti perdono-torniamo insieme- ti odio? Certo! Che male c’è? Il disboscamento non è un problema così impellente, ma soprattutto le nostre lettrici sono così assuefatte a queste storie da non farsi domande: che i libri in questione ripropongano mille volte le medesime scene e frasi (trash) non ha importanza. È quello che fa vendere. Nella revisione, in teoria, andrebbero tagliate tutte le scene inutilmente ripetitive che rallentano il ritmo della vicenda. Per essere coerenti, mi viene da dire (di nuovo) che il disboscamento è una questione seria per pochi. Per quanto riguarda le descrizioni – altra nota dolente dei libri in questione -, i casi sono due: o l’autore è troppo ridondante, oppure è essenziale e non si riesce mai a capire nulla. Dove si trovano i personaggi? Com’è l’ambiente? Come si spostano? Che odori, suoni, sensazioni percepiscono? Non ci è dato a saperlo. Attenzione, però: quando si tratta di descrivere il bad boy di turno, le scrittrici si sbizzarriscono. Oddio, non che siano dotate di molta originalità, però in questo caso è bene spendere… uhm, all’incirca diecimila righe per analizzarlo nel dettaglio. Ogni volta in cui entrerà in scena, state certi che dovrete sorbirvi le descrizioni sulla sua incredibile bellezza. Occhi? Verdi, luccicanti, al loro interno brillano delle galassie, che prima o poi esplodono (che sia questo dettaglio a renderli scientificamente ciechi non ha importanza). Parlata? Ringhiano, mordono, ululano, ruggiscono. Insomma, peggio dei lupi mannari. Questi bad boy sono animali sotto mentite spoglie. Tono? Roco, basso, graffiante. Meglio di quello di qualunque cantante rock. Fisico? Qui arriva il bello. Scolpito, tonico, nerboruto e poderoso. Sia mai che un ragazzo non abbia un fisico magro e senza muscoli. Va contro le regole del gioco, altrimenti le lettrici non hanno un idolo su cui sbavare. Infrangerebbe il cliché bello-e-dannato, per la miseria. E andare contro i cliché fa psicologicamente male.
  • Sottotrame inutili. Arriviamo al sesto e ultimo punto di questo interminabile elenco, per la gioia di tutti gli amanti dei romance. Ho il leggero sospetto di non avervi fatto cambiare idea in merito, ma va bene lo stesso. Dopo questa parte, potrete tornare a leggere Kiss me (e la povera Emily Brontë si rigira nella tomba, ma tanto ci è abituata). Avete presente il passato travagliato del nostro protagonista? Fin qui, non ho nulla da contestare. Ognuno di noi ha un passato fatto di bei momenti ma anche dolorosi, e per rendere più verosimile i protagonisti si sceglie di caratterizzarli con traumi e quant’altro. Le idee sarebbero anche interessanti: dipendenze da alcol e droga, violenza, omosessualità, abusi fisici, incidenti e chi più ne ha più ne metta. Mi spiace solo per un particolare: una volta che il bad boy ha deciso che vuole far soffrire la protagonista e si fidanza con lei, le sottotrame diventano inutili. Spunti che potrebbero rivelarsi ottimi per riflettere e discutere passano in secondo piano, lasciando spazio ai due piccioncini. Romantici, non c’è che dire, ma non ci farebbe male sapere che fine abbiano fatto gli altri. Esistono anche loro, non sono delle macchiette che devono sparire non appena nasce la coppia. Ed è un peccato, perché la storia promette di approfondire ogni personaggi ma poi non mantiene il suo proposito. Finisce tutto per ruotare intorno ai due protagonisti principali, tanto per cambiare.
Una scena del film Fabbricante di lacrime, tratto dall’omonimo libro (trash) di Erin Doom

Ecco, ora siete liberi di tornare a leggere i romanzi che preferite. Ma se un giorno doveste cambiare gusti o rendervi conto che ci sono altre storie che meritano, potrete dire di aver letto articoli inerenti. E io potrò dire di avere il merito, seppur minimo, di avervi convinto a dirottare su altri generi. Mi farete questo regalo?

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