Acculturiamoci

Breve guida per ampliare il proprio lessico

Vi è mai capitato di utilizzare in una conversazione un termine che ritenevate di uso comune, per sentirvi dire dal vostro interlocutore in tutta risposta con occhi strabuzzati, un sonoro “EH?!” seguito da “puoi ripetere?” o un classico “parla come mangi”? Per chiunque si ritrovi in quanto ho appena affermato, sappiate che non siete i soli a capitare in situazioni simili. La verità è che anche passandoci sopra cercando di dissimulare con una risata forzata, non possiamo negare che il problema sia più incombente di quanto appaia.

Personalmente mi spaventa che appena ci si discosti anche di poco dal vocabolario basico comunemente adoperato, buona parte dei miei coetanei non capisca molti termini che ormai credono scivolati nel dimenticatoio, malgrado siano ampiamente utilizzati. Con questo non intendo generalizzare, ma non si può negare che stiamo assistendo ad un’effettiva regressione da un punto di vista lessicale. Inutile dire come bisogni impedire che questo accada, e che la situazione si aggravi a tal punto da rendere il danno irreversibile, soprattutto perché in qualità di madrelingua italiani non possiamo permettercelo.Ma come mai questo accade?

L’abitudine della lettura

Penso che una delle cause più gravi sia la lenta ed inesorabile perdita dell’abitudine della lettura, ormai considerata come tipologia di intrattenimento di serie B. Ad essere colpevole di aver messo in cattiva luce quest’attività, a mio avviso è anche la scuola, la quale gioca un ruolo fondamentale e che avrebbe un potenziale incredibile per appassionare i ragazzi alla lettura, ma che innesca l’effetto opposto, boicottandosi.

Basti pensare all’abitudine dei docenti di assegnare titoli per l’estate, propinandoli come obbligo e compito da svolgere. Paragonare la lettura di un volume ad un compito scolastico contribuisce enormemente a conferirgli un’accezione negativa e imposta, quando in realtà bisognerebbe che ai ragazzi venisse trasmesso come uno svago. Inoltre assegnare dei libri specifici, uccide completamente il pensiero critico degli studenti, privandoli della capacità di scegliere di sottoporsi alla lettura che più gli piace e di distinguere i propri gusti.

Non fraintendete, sono assolutamente favorevole ad assegnare la lettura come attività formativa, purché non divenga un’imposizione forzata che avrebbe la sola conseguenza di spingere i ragazzi a leggere il minimo sindacale e solo quando richiesto come ad esempio durante le vacanze, magari per la paura di una potenziale verifica sull’argomento. Troverei molto incoraggiante che i professori consigliassero delle letture, magari anche sulla base dei gusti del singolo, affinché incontrino le sue preferenze, o che mettano a disposizione una lista di possibili volumi. Ad esempio uno studente che adora l’horror sarà a dir poco entusiasta di essere introdotto al magico mondo di Stephen King, e via discorrendo.

L’immaginario comune inoltre ha da sempre rappresentato il lettore come un intellettuale, o se si tratta di uno studente adolescente, spesso nerd e un po’ sfigato. Come società dovremmo assolutamente toglierci dalla testa che leggere richieda un’immane forza di volontà, che sia un’attività noiosa, che non entusiasmi, e che chi legge sia emarginato, strano, o che non abbia di meglio da fare perché la sua vita sociale non è sufficientemente appagante. Siamo convinti che leggere sia un’attività che richieda compostezza, calma e tranquillità, quando invece coi libri si piange un fiume di lacrime, si ride a crepapelle, si lancia il libro con violenza quando si è frustrati dalla trama…e mi dilungherei con la lunga serie di emozioni che regala la lettura che non riporterò a causa dell’insormontabile quantità. Inoltre al contrario di quanto si pensi, la lettura può fungere da input per la creazione o consolidazione dei rapporti interpersonali e rappresentare un ottimo spunto di conversazione. Tutto ciò la rende a tutti gli effetti un’attività collettiva e attiva.

Il terzo ed ultimo motivo per cui il nostro vocabolario annichilisce sempre più è l’efficienza e la velocità con cui comunichiamo online, abusando di forme contratte, inglesismi superflui, tutte cose che riducono il nostro italiano ai minimi termini, come burro stiracchiato su troppo pane, il tutto rigorosamente accompagnato da errori di ortografia, grammatica o sintassi che riportiamo anche in conversazioni o prodotti scritti che superano l’informalità di un messaggio ad un amico.

Ma nell’effettivo come facciamo a reintrodurre ed ampliare il nostro lessico? Per chiunque sia interessato, prendete carta e penna per appuntarvi i seguenti consigli:

Scrivere: scrivere vi spingerà a sfogliare il dizionario qualora non vi venisse in mente la parola migliore per esprimere il vostro pensiero, ed è facile incorrere in vocaboli nuovi.

Segnare le parole nuove: prendete un taccuino e quando vi imbattete in qualsivoglia parola, riportatela con tanto di definizione, vi sarà utile per riutilizzarla in futuro.

Cercare l’etimologia: spesso l’origine della parola è più pregnante della parola stessa, e tenere a mente la sua provenienza può essere utile a memorizzarla.

Usarla: sembra il consiglio più scontato e inconcludente, ma usare una parola appena scoperta, mettendola in qualche frase d’esempio, aiuta ad assimilarlo, specie se la frase ha un significato stravagante, sarà più facile da ricordare.

Spero vivamente che queste piccole dritte possano essere servite a qualcuno e che abbaino contributo a fare un passo verso la ripresa dell’italiano da parte di noi ragazzi, in quanto nutro molta fiducia nel potenziale della genZ.

Chiunque intendesse lasciare un commento, sappia che è cosa molto apprezzata.

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